Sospeso tra due mondi

Un personaggio fascinoso e oscuro emerge dalla mitologia nordica per attraversare i secoli e rincorrere un ideale di bellezza. Quasi fosse un pittore rinascimentale, che in un insulto di lucida follia rievoca nelle tavole il male deformante la materia, il Grande Notturno semina morte per inseguire una degna rappresentazione di se stesso. Trasformare la propria vita, che somigli a un’opera d’arte per farsi ricordare oltre la morte, è il desiderio che ognuno serba nel più profondo. Questa lapidaria verità vi farà amare “Il Grande Notturno” di Ian Delacroix (Edizioni XII, 2011), un romanzo che oltre (giustamente) a inquietare, si apprezza per l’attenzione e la cura riposta nella scrittura, in un percorso di perfezione stilistica che l’autore non riesce a nascondere. Dagli anfratti più oscuri di Milano vedremo uscire una miriade di sorci che semineranno il panico tra la gente. L’arrivo del Grande Notturno, che potrebbe essere una soluzione, coincide invece con la messa in scena del più sconvolgente spettacolo che si possa immaginare. Un’orda di morti viventi costringerà una mezza dozzina di persone ad affrontare quelle paure ataviche che da sempre accompagnano il cammino del genere umano. Fino al drammatico finale. Ogni capitolo richiama, nel titolo, opere letterarie e cinematografiche entrare ormai nell’immaginario horror fantastico. Perché mai Delacroix avrà voluto rendere un omaggio così inusuale a scrittori del calibro di Emil Cioran, Yukio Mishima, Thomas Stearns Eliot e Thomas Ligotti, a poeti come Jean Nicolas Arthur Rimbaud e Cesare Pavese, a sceneggiatori quali George Andrew Romero e Wesley Earl Craven? Qual è il filo conduttore che lega questi tormentati personaggi, o le loro opere, al Grande Notturno? Sarà il lettore, giunto all’ultima pagina del romanzo, a raccogliere questi frammenti per svelare l’enigma: scrutando nei meandri più oscuri della mente dell’autore, potreste scoprire un dominatore di Ombre, sospeso tra due mondi.

Scheda del libro

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